FIVE - Colombo Menniti trio
Quando Colombo mi chiese di redigere le note introduttive a questa sua
ultima opera, gli chiesi di darmi del tempo per potere riassumere effi cacemente
ricordi personali, familiari, brandelli di molte sue performance da me
seguite, impressioni derivate dall’ascolto delle sue precedenti opere, e molto
altro derivato da un più prossimo contatto fra noi, nel tentativo di evitare
qualsiasi fi ltro mi impedisse di comprendere correttamente FIVE nel contesto
del suo percorso e della sua complessiva opera.
L’ascolto protratto di FIVE ha messo infi ne ordine al processo innescato
da Colombo con la sua richiesta. FIVE è la trasformazione sonora della fatale
attrazione di Colombo per la musica di Bill Evans. Colombo ne rimase
affascinato molti anni fa. In quella fase del suo percorso statunitense conobbe
ed ebbe modo di frequentare chi con Evans aveva suonato per anni
il contrabbasso e la batteria, per poi attrarli nel suo personale Trio quasi a
“sostituire” Evans...
La profondità dello studio del concetto armonico-melodico di Evans che
Colombo ha svolto, lo libera, però, da una superfi ciale impressione di mera
identifi cazione; ne è testimonianza un suo ormai datato nel tempo ma non
nella proposta, “Guitar Method”, che contiene morfologicamente ogni informazione
necessaria ad approcciare la musica che nasce sui tasti di un pianoforte,
con lo strumento chitarra, imponendo a chi gli si avvicina, un grande
sforzo di immaginazione destinato a produrre immagini, idee, concetti mai
prima esposti.
Già, mai prima esposti. FIVE appartiene al jazz più radicale così come gli
appartiene il chitarrismo di Joe Pass allorquando accompagnava in duo la
Fitzgerald, introducendo la freschezza, il chiaro senso di diverso, che l’adozione
avanzata di soluzioni armonico-ritmiche “Evans-Like” ha comportato.
Qui sta l’innovazione che, al di là del mantenersi nel ristretto ambito dell’esecuzione,
tracima largamente nella adozione di un fraseggio importante,
complesso, consentitemi, diffi cile, affascinante anche per la scelta timbrica,
ma sempre totalmente integrato nell’interplay con le altre fondamentali
componenti del Trio. Ho avuto modo anche di apprezzare Andrea Brissa e
Francesco Scopelliti per la grande qualità della sintesi raggiunta col loro ex
maestro, ora che ne sono uffi cialmente comprimari. Diffi cile è dato ascoltare
gruppi così affi atati su un repertorio emotivamente diffi cile quale quello che
Colombo propone in FIVE.
Ho avuto sempre grande rispetto per il Colombo uomo e chitarrista, ma
questa sua proposta che lo vede prevalentemente nel ruolo di compositore
maturo, chitarrista jazz completo, dotato esclusivamente di uno swing
esemplare, sapiente strutturatore di timbriche anche esse innovative, me
lo rende più diffi cile da raggiungere concettualmente. Solo il contributo, mi
auguro molto largo a causa del valore alto di FIVE, dei molti appassionati
di jazz, di chitarra jazz in particolare, che avranno modo di ascoltarlo, di
apprezzarlo, di commentarlo, di diffonderne il messaggio a loro volta, potrà,
più compiutamente di me, defi nire il ruolo che Colombo Menniti ormai
detiene (la sua discografi a mi sorregge nell’affermazione) nel panorama del
jazz mondiale.
Cesare Bianco